Daniele Gatti e Daniele Abbado offrono una lettura che recupera la drammaturgia originale del capolavoro verdiano, per l'apertura della stagione del Teatro dell'Opera.
Il solo fatto che Daniele GattI, neo Direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma, abbia scelto Rigoletto per lo spettacolo inaugurale, ha suscitato sorpresa e curiosità. Uno dei vertici della nota trilogia popolare è un’opera amatissima di cui si ricordano versioni di tutti i tipi, drammatiche o truculente, su cui nel tempo si sono consolidate prassi esecutive che spesso hanno puntato più sull'esibizione di virtuosismi vocali che sulla fedeltà alla pagina scritta. Daniele Gatti è voluto tornare all'originale, senza fronzoli, in una visione epica del dramma dove la vera protagonista è l’orchestra con la musica che racconta più efficacemente della parola.
Ricordiamo i turbini di tempesta che accompagnano “Cortigiani, vil razza dannata..”, la nebbia impressionista quando Sparafucile offre i suoi servigi da sicario, il “Si vendetta, tremenda vendetta..” dove l’orchestra evita con eleganza il frequentemente ascoltato effetto banda. L’atteso quartetto finale resta una delle pagine più straordinarie di tutta la storia del melodramma e suscita, come sempre, grandi applausi a scena aperta.
La regia di Daniele Abbado è scarna, essenziale e in qualche modo convenzionale, solo l’ambientazione è inconsueta. La vicenda è collocata negli anni della Repubblica Sociale, non tanto per affinità narrative quanto per il clima livido e oppressivo sottolineato dalle splendide luci. I personaggi vestono abiti sobri anni ’30, con qualche divisa fascista in stivali e camicia nera. Solo Rigoletto si distingue con la sua tenuta da buffone.
La recita del 13 dicembre ha visto sul palcoscenico il secondo cast, con i protagonisti sostituiti, Rigoletto è Sebastian Catana, vocalità autorevole sempre puntuale, efficace anche sul piano attoriale, Gilda è Claudia Pavone, bella voce verdiana ci ha messo un po’ a scaldarsi, il Duca di Mantova è il giovane Ivan Ayon Rivas disinvolto sulla scena, voce squillante, ma un po’ a disagio nelle agilità. Tra i comprimari, tutti bravissimi, va segnalata la prestazione di Carlo Cigni nel ruolo sofferente e drammatico del Conte di Monterone e la sfacciata Maddalena di Alisa Kolosova. Il bravissimo Coro, diretto da Roberto Gabbiani, è come sempre un protagonista su cui contare.